Il RockBus Museum è nato da un'idea degli artisti del collettivo GiuseppeFrau Gallery ed è stato pensato come un'opera d'arte che potesse realizzare arte, attraverso il sostegno alla vertenza dei cassaintegrati ex Rockwool Iglesias, per la rinascita culturale del territorio più povero d'Italia: il Sulcis-Iglesiente.
Il pullman era sede del presidio dei cassaintegrati ex Rockwool Iglesias e oggi avremmo voluto almeno definirlo come uno spazio autogestito dai lavoratori per mostre ed incontri in memoria della vertenza ma invece, per noi e per il territorio, ormai è solo una tragica testimonianza dei meccanismi contorti del tradimento, umano, artistico e culturale, operato ai danni di quegli artisti che, per oltre un anno e mezzo, hanno dedicato il loro fare arte proprio a quei lavoratori abbandonati e dimenticati da tutti.
I lavoratori ex-Rockwool (oggi tutti riassunti nell'Ati-Infras) hanno completamente perso il ruolo, e l'occasione, di essere testimoni privilegiati verso le istanze di un'apertura del territorio alle migliori dinamiche dell'arte contemporanea, finendo per sostenere, ingenuamente (?), chi opera (inutilmente) per impedire la crescita e lo sviluppo di un alto profilo artistico e culturale nel territorio più povero d'Italia.
Il Rockbus Museum è stato quindi scippato in corso d'opera da alcuni personaggi del sottobosco umano, culturale e politico, i quali ancora oggi si ostinano a chiedere alle istituzioni di conservare il RockBus per onorare la memoria di una vertenza e del suo rapporto con gli artisti, tessendo una rete di menzogne e diffamazioni nel tentativo di rimuovere dalla memoria collettiva proprio chi ha partecipato a creare questo rapporto, operando una sistematica rimozione di una parte fondamentale della sua storia:
Ma Quale memoria, DEMOLITELO!
Video...Pino Giampà del collettivo Giuseppefrau Gallery e Giacomo Tronci ( Baccanale) in diretta a Radio X nella trasmissione Extra Live del 19 dicembre 2013 condotta da Enrico Lixia, ci raccontano delle emergenze e delle vertenze del territorio più povero d'Italia... in particolare sulla triste vicenda del RockBus Museum...
"Ore 12.00 Cominceremo con il rinnovare il bus, vogliamo dare un segnale forte: per testimoniare il nostro vivere e lottare, per lottare e per vivere. Un restyling non solo esteriore… il cielo ci ha dato un segnale, regalandoci dei giorni di pioggia per mettere alla prova la nostra pazienza, la nostra determinazione ad avviare da subito i lavori. Oramai siamo capaci di pensare ed agire in grande: apriremo il primo museo di arte contemporanea dell’Iglesiente, trasformando l’autobus nel “Rockbus Museum”! Con il contributo degli amici Artisti di questo territorio che sono diventati parte integrante della vertenza, inviteremo artisti di fama regionale, nazionale ed internazionale, ad intervenire attivamente nella realizzazione di questo sogno. Un’azione concreta, per dimostrare al territorio come la nostra lotta non è solo frutto della disperazione e della crisi economica, ma anche dell’incapacità di progettare nuove prospettive economiche e sociali. Questa è solo la prima delle azioni culturali che ci vedranno portare, anche attraverso altre iniziative “top secret”, il nostro entusiasmo e la nostra determinazione in tour nei luoghi di LOTTA di tutta la Sardegna."
Il RockBus Museum (public & social art) è nato da un idea di Pino Giampà ed Eleonora Di Marino che, con il collettivo degli artisti della GiuseppeFrau Gallery, hanno trasformato il pullman che era la sede del presidio dei cassaintegrati ex Rockwool ad Iglesias.
Il Rockbus Museum è stato ideato, oltre per sostenere la vertenza dei lavoratori, come spazio per richiamare artisti internazionali a progettare e sperimentare nuovi confini per l'arte pubblica e sociale nel territorio, nel tentativo di fare da avanguardia verso un Distretto Culturale Sostenibile e di promuovere il territorio del Sulcis-Iglesiente in ambito internazionale.
Partito con una programmazione aperta anche ad artisti provenienti dall'underground locale e partenopeo, questi ultimi hanno poi di fatto minato la mission iniziale, impedendo che i lavoratori continuassero, con i giovani artisti del collettivo GFG, l'opera di apertura del territorio verso il "sistema dell'arte internazionale". Con una campagna diffamatoria, che ha anche tentato di far passare lo spazio autogestito della GFg come una sorta di galleria privata inserita nei più contorti meccanismi delle grandi multinazionali dell'arte contemporanea, hanno sciacallato sull'idea, sulla disperazione e sull'ingenuità (dal punto di vista delle dinamiche artistiche) del lavoratori, devastando il pullman con ogni sorta di opera e d'artista.
Oggi avremmo voluto almeno definirlo come uno spazio autogestito dai lavoratori (anche se rifondato sull'onda del tradimento e su un mare di bugie) per mostre ed incontri spontanei a sostegno della vertenza, ma purtroppo rimane ancora solo come una tragica testimonianza, rivelatrice dei meccanismi contorti, del tradimento e dello sciacallaggio artistico e culturale, operato da chi, essendo costantemente escluso per il basso livello del profilo e dell'opera, finisce per operare azioni che mirano a distruggere e denigrare qualsiasi realtà che abbia una certa visibilità e consenso nel mondo dell'arte e della cultura.
I lavoratori ex-Rockwool hanno completamente perso il ruolo, e l'occasione, di essere testimoni privilegiati verso le istanze di un'apertura del territorio alle migliori dinamiche internazionali dell'arte contemporanea, anzi partecipando solo alle peggiori manifestazioni del sottobosco artistico, hanno finito per sostenere, ingenuamente, chi opera (in perfetta malafede) per impedire la crescita di un alto profilo artistico e culturale nel territorio più povero d'Italia.
L'odissea continua e la menzogna pure!
Dopo aver nascosto la sua vera storia, cancellandone di fatto la memoria (come viene fatto in questo articolo), gli autori dello scempio e del tradimento ne chiedono l'acquisizione da parte di enti locali ed istituzioni, per continuare a delinquere esteticamente e moralmente. Non solo si sono appropriati di un'idea che non avrebbero mai potuto avere, ma anche la scritta, realizzata da Eleonora Di Marino, diventa opera di un altro. Qui di seguito alcuni link che rimandano ad azioni compiute dagli artisti della GFG e completamente omesse, rimosse e cancellate dalla storia del Rockbus dagli stessi personaggi che oggi accusano gli altri di offendere la memoria. Il Rockbus dovrebbe riposare in pace da un demolitore di macchine, così come dovrebbero essere demolite le bugie e la malafede di chi ha cercato di riscrivere la storia a suo uso e consumo.
Per fortuna L'Unione Sarda raccoglie altre informazioni...
Neppure un caffè o un semplice grazie al titolare della Metalsud che aveva dato in prestito l’autobus, il quale, ad oggi, ne rimane il vero proprietario: a quanto pare anche la riconoscenza non è mai stata il punto forte di alcuni dei cassaintegrati ex Rockwool Iglesias.
Il problema principale rimane il fatto che non si può parlare di memoria, d'arte e di lotta, quando proprio con la storia del Rockbus Museum si tradisce la memoria stessa, omettendo sia una parte importante della storia sia la mission con cui, noi, avevamo ideato (dal nome a tutto il resto) il Rockbus Museum.
Per la cronaca
Nel 2010 i cassaintegrati ex Rockwool contattano Eleonora Di Marino per chiedere supporto alla lotta. Erano pochi ed invisibili, la maggior parte degli operai non partecipava neppure alle manifestazioni ed al presidio, quindi decidemmo di organizzare una serie di performance ideate dagli artisti del collettivo, nel ponte, a Roma ed a Milano. Nell'estate ideammo anche un festival, Festivalrock(wool), insieme agli operai ed il Baccanale Sulcis Concerti. La vertenza, grazie a queste sinergie ottenne finalmente la giusta visibilità sia nel territorio che sui media nazionali. Dopo l'estate Salvatore Corriga riesce ad ottenere un autobus, da li ci è venuta l'idea (a noi, solo a noi ) di trasformarlo in una sorta di museo, che chiamammo appunto RockBus Museum (come risulta anche dal diario del Rockbus sull'Isola dei Cassaintegrati...Maggio 2011 http://www.isoladeicassintegrati.com/2011/05/26/diario-dal-rockbus-un-museo-della-lotta/). Iniziammo a realizzare la scritta ed a progettare il concept: il RockBus avrebbe ospitato artisti provenienti sia dal territorio che dal panorama artistico nazionale ed internazionale, la condizione era quella che avrebbero dovuto creare esclusivamente opere inerenti alla vertenza non solo Rockwool ma di tutto il Sulcis, progettando anche forme di lotta; inoltre alcuni si stavano attivando per migliorarne il confort, dotarlo di autonomia energetica (pannelli fotovoltaici) e di rimetterlo in moto per fare dei tour (d'arte e di lotta). Solo allora entrò in campo il Mimmo Di Caterino, che non era coinvolto attivamente nel progetto tanto meno nell'ideazione, arrivando a cose fatte. Propose, con il patto che fosse a breve termine, di aprirlo alla scena underground. Ci sembrava una buona idea, e collaborammo insieme nei primi tre eventi. Giusto il tempo, per il Di Caterino, di seminare una serie di menzogne tra i cassaintegrati, tra cui il fatto che la nostra fosse una galleria privata, e non un collettivo dedito al non profit estremo, facendo credere loro che sfruttassimo la causa solo per avere visibilità, quando era palese il contrario: come detto all'inizio furono i lavoratori stessi a contattarci proprio perchè la GFG godeva, e gode, di una propria visibilità nel territorio e nel panorama artistico nazionale. Nel manifestare il nostro disappunto e lo stupore nel vedere alcuni degli amici cassaintegrati dargli pienamente credito, decidemmo di lasciare perdere, anche per evitare che si creassero due fazioni tra di loro (non erano pochi quelli che ci scrivevano o venivano a Normann a chiederci di rientrare in gioco): per noi la loro vertenza era più importante delle nostre ragioni e della proprietà intellettuale dell'opera. Ma neppure il tempo di pensarci su che il Di Caterino fa piovere un piccolo esercito di artisti che invece di coinvolgere artisti ed operai in un'opera comune, copre e ricopre l'autobus quasi a voler compiere un gesto vandalico nei nostri confronti. Federico Carta viene persino invitato a dipingere sopra la nostra scritta, rimasta miracolosamente intatta per richiesta di alcuni lavoratori. Scritta che ci piacerebbe veder almeno rimossa, in quanto è pratica di questi sciacalli ometterne persino l’autore (Eleonora Di Marino). Oltretutto è l'unica cosa non andata in malora nonostante le intemperie, dal momento che è stata pensata per resistere anche all'abbandono, a cui è stato lasciato il Rockbus durante tutto questo tempo, impegnato come era Di Caterino a cercare di affermarsi nel sottobosco culturale isolano. L'interno dell'autobus ha ospitato ogni sorta di opere, con rarissimi casi di attinenza alla vicenda. Pura e semplice testimonianza di un passaggio, richiamando pietà invece di riscossa. Tanto è vero che i cassaintegrati per ricevere risposte serie, avrebbero abbandonato le azioni artistiche per ritornare alla forma più antica di lotta: quella di chiudersi dentro l'ingresso della miniera di Monteponi. Ad oggi il valore artistico del Rockbus è pressoché nullo e quello storico è fondato su un falsare la storia, e non solo quella dell'arte. Sarebbe più dignitoso anche per loro lasciarlo in qualche deposito ad invecchiare, piuttosto che correre il rischio che la sua vera storia risalti fuori ogni volta che tenti di rinascere dalle sue ceneri. Oggi per fortuna almeno loro sono tutti al lavoro, riconquistandosi di fatto una dignità: noi non staremo a guardare il compiersi di un'ennesima ingiustizia nel territorio in cui di ingiustizie ne sono state compiute tante, e non solo a danno degli operai, ma anche a chi come noi dedica ogni sua energia alla rinascita
Un festival Rock, anzi Rock(wool), questa è l'idea nata dal sodalizio dei cassaintegrati ex Rockwool, in presidio dal mese di Aprile su un ponte della S.s. 130 nei pressi di Iglesias, con la GiuseppeFrau Gallery e Baccanale Sulcis Concerti.
La rassegna, con la direzione artistica di Giacomo Tronci (Rootkit Golpe), ha avuto inizio con la presentazione al Baccanale Live il 15 Agosto, con un concerto delle Lilies on Mars, i Rootkit Golpe, Mudskills, Outsiders Uh-yeah. Lowkilla, Shao-Zin, Meka Gonetea (djset). Questo primo appuntamento ha portato i lavoratori, gli artisti della GFG ed i musicisti, al So'Sa di Porto Pino, nel pieno svolgersi delle vacanze estive.
Tra turisti e vacanzieri in cerca di divertimento, la vertenza dei lavoratori è arrivata con tutta la sua forza e determinazione, dettata dalla disperata condizione ma anche dalla volontà di creare una maggiore presa nelle coscienze, auspicando in questo modo una possibile rinascita economica, sociale e culturale del Sulcis Iglesiente.
Gli appuntamenti successivi si sono svolti tutti sull'area del ponte a partire dal 26 Agosto, con cadenza settimanale fino al 30 Settembre 2010:
26 Agosto
Clockwork Shardana, Sick Freedom, video Eleonora Di Marino
Incontri per il territorio: Turismo Kitsch e speculazione edilizia, la cultura come matrice per uno sviluppo sostenibile.
2 Settembre
Gianmarco Loddi + Marco Usai, Come Bud e Therence Hill, Lobokassam, video di Emanuela Murtas.
Incontri per il territorio: Lavoro nero, la mozione di Luca Pizzuto alla provincia.
9 Settembre
The Sonora, Gianluca Tocco & Perry Frank, Lowkilla.
Incontri per il territorio: Bonifiche ambientali.
16 Settembre
MegaHera, Macondo, Bohémièn Skizzoid Orchestrers, Gat Bac e Gigi, djset Stefano Melis + percussioni, video Valentina Desogus.
Incontri per il territorio: Il futuro dell'industria in Sardegna.
23 Settembre
Dharma Station, Libera.mente, Lefthanders Rules, Testa o Croce, ContraMilonga, Max (Casu-Rigaccini), video Emanuela Murtas.
30 Settembre
Piero Marras, Erotik Monkeys, Baboons, Rootkit Golpe, Mompestofaes Rock, Mudskils, Lowkilla +, Frankie Rhot Bassehead, Tenores "Su Redentore" Nuoro, La Cernita Teatro, Video Ex-Q Sassari.
Incontri per il territorio: Lavoro precario: quale futuro per i lavoratori ex Rockwool.
Arte e lotta operaia si sono congiunti in un unico atto: Eleonora Di Marino, giovanissima artista sulcitana (1990), ha incontrato gli operai della Rockwool sul Ponte per il Lavoro, in prossimità di Campo Pisano, per la realizzazione della performance "Work(ers) In Progress 1/", per cui essa ha invitato gli operai ad applaudire lungo lo scenario/monumento simbolo della lotta. Il video sarà parte integrante dell'opera "Opera Io [Work(ers) In Progress 2/]", destinata alla mostra "My Generation", che si terrà in ottobre nel Museo Canonica di Villa Borghese a Roma. Applaudire invece di urlare, applaudire e ricordare la distanza tra vernissage nella Capitale e chi veglia sul posto di lavoro perduto nel profondo Sud-Ovest della Sardegna ed in tanti altri posti in Italia e nel mondo. Un'arte che vuole essere vicino a loro prima ancora che ai responsabili di tale tragedia sociale, che non hanno esitato ad andar via lasciando un buco nella vita e negli stomaci di questi lavoratori, senza soluzioni alternative, privilegiando l'investimento in capitali azionari e talvolta in opere d'arte contemporanea, piuttosto che nei lavoratori; responsabili di questa tragedia sociale, spesso più vicini all'arte che agli uomini.
(da "La Nuova Sardegna")
La Rockwool è la fabbrica in attivo che improvvisamente ha chiuso lo stabilimento di Iglesias, in Sardegna, per aprirne uno nuovo in India laccando i lavoratori in un "Equilibrio precario" fatto di cassaintegrazione e disoccupazione. Lasciata l'occupazione della fabbrica, si sono accampati presso un cavalcavia a qualche Kilometro dallo stabilimento, ritornando vicino all'ingresso della miniera da dove essi provenivano, prima di entrare in fabbrica: anche la miniera, naturalmente, è chiusa. Emanuela Murtas ha chiesto ai lavoratori del presidio di ripercorrere l'intero percorso verso la ex-fabbrica su tre assi d'equilibrio. Sono stati realizzati due video: uno racconta il percorso e la storia personale di uno dei lavoratori che, attraverso un testo integrato alle immagini, esprime tutto il suo dolore, rabbia e poesia, dedicando a sua figlia il suo pensiero più felice; l'altro invece è la fase finale del viaggio dove, sempre sull'asse d'equilibrio, viene data voce alla storia della vertenza. Un ritratto psicologico, sociale, politico, dove però e sempre presente quella chiave di lettura antropologica caratteristica della giovane artista. -
Pino Giampà
"(...)Siamo qui, smaniosi di memoria, ancora e ancora a credere che possa essere il primo passo di rinascita per questo territorio. Lottiamo per questo, per tutti quei lavori frammentati e orfani di tutela, lottiamo verso le sabbie mobili dell’incertezza e dell’impoverimento, lottiamo e animiamo la lotta, “conquistando”! Chissà se le bonifiche arriveranno, chissà se questo ponte rimarrà in memoria di quello che per mesi è stato. La memoria non ha più racconto, si è spezzata la ricchezza della sua dimensione, della sua forma; si è persa la solidarietà. In troppi non più a lottare con i poveri, ma a lottare contro i poverissimi. Bestie, ma non cani! I cani sono con noi, lo sono sempre stati, dal primo giorno. Come poter dimenticare il sostegno che lo stesso Whisky e il resto della gang, ci hanno dato al Festival! Infatti, eccoli! Sono qui, con noi, Imbambolati di fronte al sole, ma ancora a condividere tutti gli attimi, tutti i minuti di questi nostri racconti. 2010
“My Generation”, a cura di Manuela Pacella, con la collaborazione di Francesca Campli, è una mostra che fa parte della rassegna annuale “Dentro Roma”, ideata da Andrea Fogli.
All’esterno degli spazi del Museo Pietro Canonica a Villa Borghese l'artista realizza una performance con due cassaintegrat ex Rockwool iglesias (Gianni Medda e Matteo Lobina) che applaudono ironicamente all'ingresso dei visitatori alla mostra. Un'azione spiazzante e provocatoria con l'intento di catapultare le emergenze economiche e sociali all'interno del privilegiato pubblico dell'arte.
Eleonora Di Marino - OPERA IO ALTRE NARRAZIONI (a cura di A. Fogli), MLAC, Roma 2011
"PARTECIPA ANCHE TU, il 4 Luglio alle ore 16, VIENI AL MUSEO LABORATORIO DI ARTE CONTEMPORANEA (Piazzale Aldo Moro 5 Roma), E DIVENTA UN OPERA IO PER AIUTARE IL TERRITORIO PIU' POVERO D'ITALIA A VINCERE LA SFIDA PER UN FUTURO MIGLIORE
(Lavoratori in Lotta nel territorio più povero d'Italia, per la candidatura del Sulcis Iglesiente e Guspinese a Capitale Europea della Cultura 2019)"
Questo lo slogan fatto circolare nella comunicazione per la mostra "Altre narrazioni" al Museo Laboratorio d'arte contemporanea a Roma.
Equilibrio Precario/Opera io a Milano, 2011
Due performance, di Emanuela Murtas ed Eleonora Di Marino, che vedono coinvolti i cassintegrati ex Rockwool di Iglesias: dalla provincia più povera (Carbonia-Iglesias) alla città più ricca d'Italia (Milano).
Due performance, di Emanuela Murtas ed Eleonora Di Marino, che vedono coinvolti i cassintegrati ex Rockwool di Iglesias: dalla provincia più povera (Carbonia-Iglesias) alla città più ricca d'Italia (Milano).
Emanuela Murtas:
….Attacchiamoci al tram
Lavoratori sardi in lotta per recuperare un sogno
I lavoratori, cassaintegrati ex Rockwool Iglesias, salgono sul tram, in equilibrio su un solo piede raccontano ai passeggeri la loro storia.
Così per tutto il giorno. Un giorno di lotta, d’incontro…Un giorno, un Odissea, una pagina del diario, un giorno di storia…e la lotta continua, nella speranza che l’Odissea dei lavoratori, possa durare come nel libro di Joice: un solo giorno.
La storia dei lavoratori della ex Rockwool Iglesias (CI, Sardegna del Sud-Ovest) è una storia ricca anche se parla di povertà, è un odissea dei singoli uomini, è l’ultimo capitolo del diario della storia dell’uomo-operaio. Racconta un Odisseo in equilibrio precario tra l’essere ed il non essere, tra il lavoro ed il non lavoro, tra l’essere escluso o l’essere protagonista; non ci sono vie di mezzo però. In un equilibrio precario non si può restare fermi, altrimenti si cade. Non ha scelto lui questa forma di equilibrio, l’ha scelta chi ha chiuso la fabbrica, l’ha scelta chi ha creato una società dove prevalgono gli interessi finanziari e della grande economia sul lavoro e sul destino dell’uomo legato ad esso. Come in guerra, le grandi strategie sfruttano le energie dell’odio e dell’amore, l’istinto di sopravvivenza e la ferocia innata dell’uomo. La guerra fatta di carne bruciata e di sangue non crea più terrore nei nostri paesi, se non quello dei costi economici che deve subire la collettività….si esce dall’Afghanistan non perché si ha vinto o si è perso, non per una questione di giustizia, ma per recuperare risorse per restaurare i ponti americani … La lotta dei lavoratori è una guerra civile, dove si muore senza versare sangue, dove a morire è la dignità e dove l’unica speranza è un diritto da conquistare giorno dopo giorno attraverso la lotta. Trasformare la lotta da scontro ad incontro, da odissea personale a diario collettivo. Un Ulisse ( i lavoratori) che cercano di ritornare a Itaca (il lavoro), ma attraverso un viaggio che ha trasformato il sudore in simbolo e l’esperienza in diario (storia) di tutti noi. Un viaggio che cambia l’uomo, che cambia gli uomini, che cambia, i lavoratori, che cambia il lavoro. Penelope invece che una tela ricama una perfida ragnatela che ricatta le coscienze, ma che non può fare a meno di amare ed aspettare Ulisse/Odisseo, in quanto il lavoro ha bisogno dei lavoratori così come loro hanno bisogno di esso. Intorno a Penelope avidi speculatori le fanno la corte, cercando di farle dimenticare Ulisse, Ulisse affronta sirene, maghe e divinità in via di estinzione, iniziando la storia epica dell’uomo su quella degli dei. Incontrare di nuovo la tua donna, la tua terra, sterminando gli sciacalli, riconosciuto solo da un cane, da chi ha per istinto la fedeltà prima ancora che l’interesse o l’indifferenza. Se la guerra è l’Olocausto, la lotta è l’odissea e la storia si fa Diario.
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Eleonora Di Marino:
performance nell'ambito dell'evento
PROPORZIONARSI A MILANO
a cura di Anonima Nuotatori
con Eleonora Di Marino e Peter Fend
Nella sera del 16 luglio, dalle 19:00, nell’ambito della mostra Proporzionarsi a Milano a cura di Anonima Nuotatori, i cassintegrati exRockwool si faranno testimonial a Milano della candidatura del Sulcis Iglesiente e del Guspinese a capitale europea della cultura 2019: inviteranno ogni visitatore dello spazio occupato per una sera (via Binda 16 a/b), a farsi tramite del desiderio di un intero territorio. Indossando la maglietta OPERA IO, e distribuendo il materiale informativo che verrà fornito durante la serata dai Lavoratori, chiunque potrà collaborare a quest’impresa che, respirando il sogno di un futuro migliore, aspira alla realizzazione di un’utopia possibile.
Sventola una bandiera: rossa? No: un Sulcis Iglesiente tra un sogno di stelle....le stelle d'Europa.
Quanto conta una risoluzione individuale e personale? Ciò che conta è solamente riavere un lavoro o creare un’alternativa migliore per il futuro di tutti gli abitanti di un intero territorio? I cassintegrati exRockwool hanno scelto: la loro lotta non è solo frutto della disperazione e della crisi economica, ma anche dell’incapacità di un popolo di immaginare nuove prospettive economiche e sociali.
Una storia, questa, di miniere e di fabbriche chiuse. Una storia, questa, di una riconversione che parte dall'individuo ed abbraccia un universo intero, quel loro mondo ridotto alla fame: fame anche di luce, di cambiamento, di rivoluzione. Un universo intero, l'universo-Europa, per scardinare quella immagine di povertà-contrario-di-bellezza, promuovendo quella bellezza profonda che, attraversando il bisogno, è sinonimo di potenzialità: un nuovo modello di capitale europea della Cultura. In questo modo gli operai si sono fatti OPERA IO, promotori della cultura come matrice delle nuove economie, nel segno e nel sogno di una riconversione possibile; partendo dall'individuo: il primo territorio da bonificare è quello della propria esistenza.
OPERA IO: una parola per sancire una sorta di protocollo d'intesa tra Lavoro, Arte, Cultura, per il rilancio della zona con il più basso PIL prodotto in Italia. Il Sulcis Iglesiente come luogo simbolo di tutti i luoghi, per ricominciare, per dare un segnale di cambiamento: un'arte non serva ma che serva a qualcosa, e non solo ad intrattenere un’elite spesso responsabile delle grandi speculazioni finanziarie, anche se con posizioni critiche ed apparentemente in contrapposizione con esse; una cultura mai più ad esclusiva disposizione di grandi poteri finanziari (gli stessi che hanno prodotto la devastante crisi del Sulcis Iglesiente, e non solo, chiudendo stabilimenti solo per il tornaconto azionario) ma indirizzata verso un’intera comunità.
Artissima 18/Artissima Lido, Torino 2011